Fascite Plantare

Processo infiammatorio a carico del cosiddetto legamento arcuato, altrimenti noto come aponeurosi plantare o fascia plantare.

La fascite plantare è una patologia relativamente frequente; rappresenta, infatti, circa il 10% di tutte le patologie che interessano il piede ed è una delle più comuni cause di dolore al tallone. I soggetti maggiormente interessati dal problema sono i praticanti sport quali la corsa, il basket, il calcio, la pallavolo, il salto in lungo ecc., ma anche i soggetti affetti da obesità. Un fattore di rischio non modificabile è rappresentato dall’età; a parità di condizioni sono i soggetti con età superiore a 40 anni che corrono maggiori rischi in quanto con il trascorrere degli anni il tessuto adiposo a livello della fascia plantare che ha funzioni di cuscinetto protettivo ha la tendenza a ridursi.

È comunque opportuno, prima di entrare nel vivo dell’argomento, fornire qualche breve cenno anatomico:

  • la fascia plantare è una fascia particolarmente robusta costituita da tessuto fibroso; questo origina dal calcagno (l’osso più grande del piede e anche quello maggiormente sollecitato) e finisce per inserirsi su tutte le falangi
  • La fascia plantare ricopre un ruolo di notevole importanza nella trasmissione del peso del corpo durante le fasi di
  • Anatomicamente e funzionalmente parlando, la fascia plantare presenta una continuità con il tendine calcaneale detto anche, più comunemente, tendine di

Da un punto di vista anatomico la fascia plantare può essere suddivisa in tre distinte componenti:

  • quella mediale (ovvero quella lungo il bordo interno del piede),
  • quella centrale (la più estesa e anche la più resistente)
  • quella laterale (ovvero quella sul bordo esterno del piede).

Superiormente alla fascia plantare è presente il muscolo flessore breve delle dita che si inserisce sul calcagno; al di sotto della fascia plantare è invece presente il cosiddetto cuscinetto adiposo plantare, un accumulo di tessuto adiposo la cui funzione è sostanzialmente quella di assorbire gli urti a cui il piede è continuamente sottoposto.

La fascite plantare può manifestarsi sia a livello del calcagno sia a livello del mesopiede; nel primo caso si parla di fascite plantare prossimale, mentre nel secondo caso si parla di fascite plantare distale.

Cause e fattori di rischio

La causa principale dell’insorgenza della fascite plantare:

  • Modificazioni degenerative, connesse a microtraumi ripetuti, che interessano il legamento arcuato
  • Un’eccessiva sollecitazione del tallone provoca un’infiammazione nell’inserzione dei fasci o, peggio, lungo tutta la loro estensione
  • Una ridotta estensibilità del tendine d’Achille può provocare una fascite plantare, tanto che molti ortopedici individuano tale patologia come una delle “conseguenze” più comuni di un intervento al tendine d’Achille in seguito a tendinosi o rottura dello stesso
  • Alcune caratteristiche anatomiche, come il piede piatto o cavo, possono portare a episodi di fascite
  • Improvviso aumento del chilometraggio non supportato da opportuna
  • Una frattura da stress
  • L’artrite (sindrome di Lyme)

I fattori di rischio sono numerosi, fra questi, oltre al già citato fattore anagrafico, vanno ricordati il sesso (il problema interessa maggiormente i soggetti di sesso femminile), varie patologie e condizioni anatomiche e problemi di tipo meccanico (diabete, piede piatto o particolarmente arcuato),determinate attività sportive o lavorative (oltre agli sport citati nel paragrafo iniziale si ricordano anche attività quali la danza o la ginnastica aerobica e le attività professionali che costringono per molto tempo alla posizione eretta) e calzature inadeguate (scarpe troppo larghe, con suole eccessivamente sottili o con tacchi troppo alti ecc.).

Corsa amatoriale e fascite plantare

La fascite plantare è un disturbo piuttosto comune nei runner amatori: in molti casi il problema è riconducibile al sovrappeso sportivo. La cosa poi è in genere aggravata dal fatto che i ritmi di corsa sono lenti con appoggio totale del piede e maggiore pressione. Paradossalmente, un ritmo veloce e molto più impegnativo, avendo un tempo d’appoggio minore, sollecita meno il fascio plantare. A patto però di non esagerare con la qualità, perché un certo numero di casi di fascite plantare sono dovuti a sedute troppo veloci e frequenti con scarpe poco protettive.

Sintomi

La sintomatologia della fascite plantare è generalmente molto fastidiosa. A volte la patologia si manifesta con:

  • un dolore acuto e particolarmente intenso al centro del tallone,
  • altre volte il dolore si fa sentire al centro della pianta del piede e continua fino alle dita,
  • altre volte ritorna “indietro” e risale fino alla

Anche l’andamento temporale del dolore può essere molto diverso: nei casi più leggeri si tratta di una dolorabilità non acuta che permane per tutta la durata dell’attività sportiva, ma che, essendo a bassa intensità, permette comunque di correre o saltare. Altre volte il dolore è così intenso o localizzato da impedire non solo la corsa, ma persino la camminata.

Anche le modalità di insorgenza sono diverse: può apparire in forma acuta (specie dopo uno sforzo intenso ai limiti delle proprie possibilità) o essere progressivo.

Anche nei casi meno dolorosi, trascurare la fascite plantare e continuare a praticare l’attività sportiva può essere decisamente deleterio, in quanto questo tipo di patologia non regredisce certo spontaneamente e continuare la pratica dell’attività fisica può solo far peggiorare il problema fino ad arrivare ai casi più dolorosi.

La fascite plantare è sicuramente una delle patologie più frustranti per lo sportivo perché il dolore sotto il tallone o in generale al fascio plantare continua anche durante il giorno e addirittura può essere massimo al mattino, appena scesi dal letto. Ciò è particolarmente avvilente perché il dolore accompagna il soggetto anche nella vita di tutti i giorni (basta camminare per uno o due passi) e inoltre può peggiorare dopo il riposo notturno (quando ci si aspetterebbe un miglioramento).

Per capire perché al mattino il dolore è spesso più acuto, occorre considerare che di notte i piedi assumono una posizione rilassata, con le punte verso il basso: in questo modo il tendine d’Achille si “accorcia” e con esso anche il fascio plantare. In condizioni normali ciò non causa problemi, ma se è in atto un’infiammazione delle fibre, esse, alla ripresa della posizione a 90 gradi del piede, non riescono a stendersi (rimangono cioè rattrappite) e il dolore è particolarmente acuto. È per questo motivo che alcuni ortopedici consigliano l’uso di una stecca notturna da applicare al piede in modo che conservi la posizione a martello e il fascio plantare rimanga teso.

La diagnosi

Di norma,la diagnosi di fascite plantare viene effettuata dopo aver valutato attentamente la sintomatologia. In genere non è necessario ricorrere a indagini strumentali quali radiografie o TAC, ma in determinate circostanze possono rivelarsi di una certa utilità per evidenziare (o escludere) ulteriori cause di dolore al tallone (per esempio, una frattura da stress, un processo artrosico, una neoplasia ecc.).

Come trattare la fascite plantare

La fascite plantare si cura quasi sempre con il riposo che deve essere assoluto (a volte anche pedalare in bici può essere doloroso e deve essere evitato) per un periodo che va da sei settimane fino a tre quattro mesi nei casi più gravi.

L’errore classico che commettono in particolare i soggetti che praticano attività sportiva è quello di riprendere le sedute di allenamento o le competizioni prima che il dolore sia scomparso del tutto (a riposo, in attività e al mattino) poiché quando si riprende il dolore non è certamente acuto come quando la fascite ha costretto all’interruzione dell’attività; quindi si è portati a credere (e a illudersi) che la patologia stia guarendo. Bastano pochi allenamenti e si ritorna indietro al punto di partenza.

La forza di volontà per un riposo assoluto è quindi il rimedio migliore. Visto il lungo periodo di inattività gli antinfiammatori sono inutili (tranne nella fase acuta, molto dolorosa), mentre sono indicati la fibrolisi o l’applicazione di onde d’urto meccaniche del litotritore. Gli ultimi due interventi hanno lo scopo di distendere le fibre del fascio plantare (la prima) o di causare dei microtraumi che vascolarizzano la zona infiammata rigenerandola.

  • La fibrolisi va praticata da mani esperte, possibilmente da un medico che conosca bene la storia del paziente (clinica e sportiva) e, se ben effettuata, porta a un sollievo anche immediato e notevole del dolore. Le sedute di fibrolisi vanno diluite nel tempo e il numero dipende dalla gravità della
  • L’applicazione del litotritore ai casi di fascite plantare è relativamente nuova, ma dal momento che si tratta di una pratica molto dolorosa (le onde d’urto vengono “sparate” direttamente sul fascio plantare come se fosse colpito da tante martellate) alcuni consigliano di non effettuarla nel momento più acuto dell’infiammazione e comunque di farlo praticando un’anestesia Le sedute con il litotritore sono generalmente due, effettuate a 15 giorni di distanza una dall’altra.

Prevenzione

Volendo parlare di prevenzione, si possono adottare alcune precauzioni:

  • indossare scarpe che assicurino un’ammortizzazione efficiente del tallone, in modo che non sia sottoposto a stress eccessivo, dimensionare (nel caso dei runner) il chilometraggio settimanale in base all’effettivo grado di allenamento e non alla gara che si vorrebbe fare (ma per la quale non c’è una sufficiente preparazione),
  • alternare le superfici di allenamento (evitando, soprattutto nel caso dei runner, di correre esclusivamente su asfalto o pista),
  • fare stretching con continuità, specie per il tendine d’Achille e,
  • per le donne, evitare le scarpe con i tacchi alti oppure, non volendo rinunciarci, indossarle solo dopo l’allenamento (e non prima).

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